I murales di Orgosolo meritano senz’altro di essere visti. Si affiancano gli uni agli altri lungo Corso Repubblica, via principale del centro storico. Parlano dei nostri tempi: dei fatti di cronaca ma da un punto di vista che desidera sempre passare dal particolare al generale. Che dal singolo fatto ne vuole derivare la morale.
Orgosolo: rappresentare sui muri la propria concezione del vivere
E sono belli anche per questo. Perché se l’arte non può fuggire dalla realtà dei tempi nei quali si realizza, i murales di Orgosolo sono la quintessenza di questo ragionamento. E’ l’arte che diviene strumento per rappresentare la propria concezione, morale o politica, del vivere.
Negli oltre duecento murales di Orgosolo è rappresentata la vita di questo paese e della Sardegna. Ma anche i grandi temi del mondo. E poiché non siamo in un museo ma per strada, non siamo neanche di fronte ad una realtà congelata ma piuttosto assolutamente dinamica. A dipingere si continua ancora oggi: così l’attualità si “ferma” sui muri di Orgosolo.
Murales di Orgosolo: nel 1969 l’inizio
L’esperienza inizia nel 1969 ad opera del Gruppo Dioniso, fondato nel 1965 e guidato dal lucchese Giancarlo Celli con un’ispirazione anarchica e libertaria. Il lavoro prosegue negli anni successivi.
Nel 1975 – nel trentennale della Resistenza – è l’insegnante Francesco Del Casino con gli allievi della scuola media di Orgosolo a dipingere. Altri nomi che contano sui muri di Orgosolo sono Pasquale Buesca, Pasqualino Bangiu e il gruppo Le Api.
Un primo corpus di murales nasce così legato a temi fortemente drammatici e sociali. Vi sono temi locali, come il grande murales “Concimi non Proiettili” che vuol ricordare gli eventi di Pratobello. Qui, nel 1969, la popolazione di Orgosolo si oppose all’utilizzo di Pratobello come poligono. La commemorazione della lotta partigiana. Oppure “Caccia grossa ad Orgosolo” che rievoca la storia del banditismo sardo.
Con il tempo, poi, come abbiamo detto, i temi si allargano. Vi è spesso il tema della guerra con la ripresa, ad esempio, di Guernica ed il cubismo è spesso adottato come stile dagli autori dei murales. Ancora sul tema della guerra il famoso murales “Felice il popolo che non ha bisogno d’eroi”.
“Siamo tutti clandestini” ci ricorda il dramma dell’emigrazione. Il murales dedicato a Piazza Tien An Men spazia drammaticamente su un evento che ha segnato la storia della Cina.
Con il tempo, cambiano e si moltiplicano fortemente gli stili adottati. Dal cubismo al surrealismo passando per il trompe l’oeil (ad esempio, a questa tecnica si rifà “Saggezza Antica” di Pasqualino Bangiu). Un caleidoscopio tutto da guardare e che ispira riflessioni alle quali sarebbe opportuno non sottrarsi.
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