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Niccolò di Segna: la Resurrezione di Sansepolcro

Il polittico della Resurrezione di Niccolò di Segna che domina l’altare maggiore della Cattedrale di Sansepolcro non trova posto nei sacri testi della storia dell’arte. Eppure, se vi troverete a Sansepolcro per vedere la ben più famosa Resurrezione di Piero della Francesca, non mancate di fargli visita: non ve ne pentirete.

niccolò di segna resurrezione sansepolcroVi sono diversi motivi per questo consiglio. Il primo è nella sua integra complessità. Diciotto figure di santi a varie dimensioni; sei pinnacoli integri; la predella con cinque scene anch’esse complete; otto angeli due a due a accanto ai quattro santi principali; infine il pannello centrale con la Resurrezione e, intorno al Cristo che trionfa sulla morte dieci volti di angeli. Tutto si può dire tranne che Niccolò di Segna e la sua bottega abbiano fatto le cose a tirar via.

Il secondo motivo, last but not least, è che davanti a questa articolata macchina d’altare Piero della Francesca deve essersi trovato innumerevoli volte. E innumerevoli volte avrà visto questa Resurrezione dove Niccolò anticipa la soluzione scenica adottata da Piero con il Cristo che esce in piedi, vessillo al vento, trionfante, dal suo sepolcro.

Per carità, ben diversa è la presenza scenica del Cristo di Piero, ben diversa la prospettiva e delle figura divina e ben diverso lo sfondo. Ma l’idea c’è ed è lì a poche centinaia di metri dalla casa dove Piero nacque.

Peraltro, questa rappresentazione della Resurrezione trova un’altra felice rappresentazione nella cimasa della Crocifissione dipinta a Macerata Feltria da Olivuccio di Ciccarello da Camerino nel 1396 di cui potete leggere utilizzando il link qui di seguito: Giovanni Venturi “Croci dipinte nelle Marche”

Niccolo di Segna: breve biografia

In realtà, di questo maestro abbiamo una biografia molto scarna. Figlio del pittore Segna di Buonaventura (1280-1331) e fratello di Francesco, anche lui pittore. Di lui possediamo due sole notizie documentarie: la prima risale al 1331 e la seconda al 1348 quando gli viene pagata la pala d’latrare che aveva dipinto per la chiesa di Sant’Agostino a Sansepolcro (pala oggi perduta). Sono gli anni in cui Niccolò dipinge anche il polittico della Resurrezione che, ad oggi, dovrebbe essere l’ultima opera da lui realizzata.

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Figlio di un maestro affermato nella Siena dei suoi anni, forse allievo di Duccio di Boninsegna, fu con tutta probabilità colui che avviò il figlio alla pittura ed ai modi dell’arte del XIII secolo senese.

Erano quelli a cavallo tra XIII e XIV secolo a Siena decenni dominati dalle figure di Duccio prima e di Simone Martini e i fratelli Lorenzetti poi ed è in questo ambiente artistico che si formerà ed evolverà l’arte di Niccolò di Segna.

La Resurrezione di Niccolò di Segna

La Cattedrale di San Giovanni Evangelista è, diciamo così, lo snodo originario di tutta la storia di Sansepolcro.

Qui si vuole che nel X secolo i due santi pellegrini Arcano ed Egidio tornati dalla Terra Santa fondassero una cappella dedicata a San Leonardo per custodire le sacre reliquie portate con loro. Qualche decennio dopo, all’inizio dell’XI secolo, sorge in quel luogo un’abbazia benedettina la quale nel 1180 passa ai Camaldolesi.

Dunque, con ogni probabilità, furono i camaldolesi a commissionare il polittico a Niccolò di Segna per collocarlo nella loro abbazia che circa due secoli dopo, nel 1520, con l’innalzamento di Sansepolcro a sede vescovile, sarebbe divenuta la cattedrale della nuova diocesi.

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Il polittico di Sansepolcro

Come si è detto ci troviamo di fronte ad un’opera articolata che necessiterebbe di uno studio approfondito per poterne descrivere compiutamente tutti i dettagli.niccolò di segna resurrezione cattedrale sansepolcro

Lo scomparto centrale è riservato alla Resurrezione. Il Cristo appare trionfante con il vessillo recante la croce retto dalla mano destra. E’ racchiuso in una mandorla che però, in realtà, rappresenta il sepolcro ed è costruita con due toni di grigio per generare profondità. Cristo è con il la gamba sinistra piegata ed il piede che poggia solidamente sull’orlo della tomba sporgendo da questo verso lo spettatore (un altro stratagemma per dare profondità alla scana). Certo, la rappresentazione della gamba piegata del Cristo non è particolarmente felice: manca la spazialità ed il tutto si perde nella massa informe della veste.

Ben più riuscite le figure dei soldati (in parte andate perse). Belli i volti, così diversi e moderni rispetto al volto del Cristo solidamente legato alla tradizione duecentesca. Notate la corazza del primo soldato e vedrete che la ritroveremo (più elaborata) nella Resurrezione di Piero.

La predella

niccolò di segna resurrezione sansepolcroI quattro santi ai lati di Cristo sono (a sinistra guardando) San Giovanni Evangelista e Santa Caterina d’Alessandria e, dall’altro lato, San Benedetto e Santa Agnese. Abbiamo già detto della folta folla di santi e sante che popola il registro superiore e i pinnacoli. Notate nel mezzo di ciascuna coppia di santi una figura più piccola con in mano aperto un libro. Che si tratti dei quattro evangelisti? Per carità, si accettano smentite.

Piuttosto integra la predella dedicata alla Passione di Gesù che introduce il fedele in termini, vorrei dire, temporali alla scena della Resurrezione. Da sinistra a destra, troviamo Flagellazione, Salita al Calvario, Crocifissione, Deposizione e Sepoltura. Anche se le ingiurie dei secoli non l’hanno risparmiata, la Crocifissione è una predella insolitamente affollata dove due maestosi cavalli rubano la scena: un accenno ai formidabili destrieri che popoleranno la pittura toscana nei decenni che seguiranno.

La predella è anche la parte del polittico dove Niccolò di Segna mette maggiormente in luce la sua capacità di gestire la prospettiva: guardate a questo proposito la Flagellazione e la Salita al Calvario.

Se vi trovate a Sansepolcro, leggete anche: Volto Santo di Sansepolcro: storia di un mistero

 

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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