L’olifante del Museo di Fine Arts di Boston è un esemplare importante del suo genere. Con ben sei anelli di decorazioni zoomorfe e nove anelli di motivi geometrici e fitomorfi ad intervallare i primi, questo olifante certo non manca di decorazioni.
Olifante: di che si tratta?
Partiamo dal significato della parola. Olifante proviene dal francese olifant a sua volta derivante dal latino elephantus. Ciò perché il materiale da quale si realizzava era una zanna di elefante e da ciò discende la sua preziosità.
L’olifante, in termini musicali, è un corno utilizzato ai suoi tempi sia per la caccia che per usi militari. In realtà, per il suo valore artistico e la preziosità del materiale, era uno status symbol, un oggetto da esibire. Certamente il più famoso olifante di ogni tempo è quello che Rolando suonò a Roncisvalle: siamo nel 778 ovvero nell’VIII secolo.
Questo prezioso strumento ebbe vita lunga tant’è che ne conserviamo sia prodotti nell’alto che nel basso medioevo.
L’Avorio in età antica
In realtà l’utilizzo dell’avorio in quelle che oggi chiamiamo le arti applicate è antichissimo, basti pensare che esistono reperti archeologici anche di epoche remote. In ogni caso questo materiale era utilizzato già nella Roma antica ma sono arrivati fino a noi numerosi manufatti che dimostrano come la realizzazione di opere in avorio non sia mai cessata in Europa e a Bisanzio dalla fine dell’Impero Romano fino a tutto il Medioevo.
Tipicamente, si tratta di sculture di dimensione ridotta tanto di tema sacro quanto profano.
Olifante di Amalfi del Boston Fine Arts Museum
Il Boston Fine Arts Museum conserva un olifante di pregevole fattura. Dovrebbe provenire da Amalfi e può essere datato nell’intorno dell’XI secolo.
Del resto, Amalfi era un porto attivo nel commercio con quei paesi del Mediterraneo dai quali l’avorio poteva provenire e per questa antica repubblica marinara l’XI secolo su un periodo di grande attività artistica, come diremo.
L’olifante si compone di sei anelli decorati. Questi sono popolati da una varietà di animali, di figure zoomorfe ma anche umane. Ovviamente leoni ma anche un unicorno. Uccelli con teste umane, probabilmente arpie, ma anche un uomo che tiene per le corna un cervo. Le figure sono poi intervallate da piante, probabilmente palme. I nome anelli che fungono da cornici per gli anelli scolpiti, sono invece ornati con motivi fitomorfi.
Dunque rappresentazioni che ritroviamo in altre forme d’arte. Ad esempio nei capitelli colpiti quali quelli del Chiostro di Monreale. Oppure negli antichi codici miniati, spesso ricchi di rappresentazioni immaginarie di animali o creature fantastiche, ad esempio come nel Sacramentario di Gellone.
Amalfi e Salerno tra XI e XII secolo
Per inserire il nostro olifante nel suo contesto, va detto come XI e XII secolo furono per Amalfi e per la vicina Salerno un’epoca di importanti imprese artistiche.
Basti pensare ai portoni bizantini del Duomo di Amalfi donati alla città intorno alla metà dell’XI secolo dal nobile Pantaleone de Comite Maurone. Oppure alla Cattedrale di Salerno, consacrata nel 1084, ed i cui leoni posti a guardia delle sue porte potrebbero ben trovarsi incisi sul nostro olifante. Il portone d’ingresso venne fuso a Bisanzio nel 1099 e donata da due coniugi tali Landolfo e Guisana Butrumile.
Dunque ci troviamo in contesti dove esisteva una raffinata attenzione per l’arte e dove personaggi in grado di commissionare portoni a Bisanzio, trasportarli fin nelle loro città e donarli a queste ultime.
Per queste famiglie un oggetto quale il nostro olifante era certamente sia apprezzato in termini artistici che alla portata dei loro mezzi economici.