Orazio Gentileschi Giuditta Oloferne
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Orazio Gentileschi: la Giuditta e Oloferne di Oslo

La Giuditta e Oloferne di Orazio Gentileschi, custodita presso il Museo Nazionale di Oslo, è una tela assolutamente all’altezza del suo autore oltreché perfettamente conservata. E se vi sarete meravigliati di trovare un Gentileschi ad Oslo, lo sarete ancora di più quando scoprirete che nella stessa sala è esposta un’altra Giuditta e Oloferne ma questa volta della figlia Artemisia.

L’opera si trova presso il Nasjonalmuseet grazie ad una donazione avvenuta nel 1945.

Orazio Gentileschi Giuditta e Oloferne

La tela è datata tra il 1608 ed il 1612, quindi quando tanto Orazio quanto Artemisia si trovavano ancora a Roma. Questo induce i curatori del museo a segnalare la possibilità di una collaborazione della figlia alla realizzazione dell’opera. Siamo comunque circa dieci anni dopo la famosa Giuditta e Oloferne di Caravaggio che aveva aperto ad una rappresentazione senza veli della decapitazione del generale assiro e Gentileschi riprende quel filone narrativo.

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Orazio Gentileschi – Giuditta e Oloferne

L’opera è eccellente e Orazio Gentileschi dimostra ancora una volta di non limitarsi a seguire la pittura di Caravaggio ma di interpretarla alla sua maniera rendendola più composta e solenne, più ornata e, forse, più vicina ai gusti dei suoi committenti.

Cosi, sapientemente, le figure delle due eroine si stagliano contro un pesante velluto verde che accentua la luminosità delle loro vesti. Della camicia bianca di Giuditta e del turbante anch’esso bianco di Abra. Ma anche del memorabile vestito di broccato rosso cupo di Giuditta. Quest’ultimo è arricchito da un pendaglio (sulla spalla destra) e da una cinta d’oro e pietre preziose: un ricercato virtuosismo proprio delle corde di Orazio.

Giuditta e Abra sono due giovanissime donne. Nell’espressione di Giuditta non c’è veemenza o rabbia, è come se, compiuto l’atto, la tensione stia scemando. Abra, che Caravaggio ritrae come una vecchia arcigna, è qui una giovane dama di compagnia con una veste marrone ed un corpetto celeste che donano alla tela un’altra sferzata di colore.

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La Giuditta di Orazio

Ben diversa è l’espressione della Giuditta di Caravaggio colta nel momento in cui, con tutta la sua forza, taglia la testa di Oloferne. Qui la decapitazione è compiuta e l’atmosfera si è come rasserenata. Così, mentre Abra guarda alle spalle della sua padrona per assicurarsi che nessuno irrompa nella tenda di Oloferne, Giuditta la rassicura ponendole la sua mano sulla spalla. Aleggia come un sentimento di vicinanza e di reciproco rincuoramento tra le due giovani donne.

Oloferne, invece, ci guarda. E qui Orazio Gentileschi compie una scelta scenograficamente grande. La testa del generale, posta nel cesto per trasportarla a Betulia e mostrarla dalle mura all’esercito assiro, ha gli occhi chiusi ma le labbra invece socchiuse che ci permettono di intravedere i denti.

Non c’è nulla in più da dire. La tela è di prim’ordine e Orazio è secondo solo all’amico Caravaggio il quale, come nessun altro nella sua epoca, è in grado di costruire soluzioni tanto azzardate quanto memorabili ed indicare così a tutti la via.

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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