La Crocifissione di Scipione Pulzone (Gaeta 1544 – Roma 1598) è subito lì entrando nella Chiesa Nuova, o in Santa Maria in Vallicella se preferite, nella prima cappella a destra.
Scipione Pulzone la Crocifissione della Chiesa Nuova
L’opera dovette essere commissionata a Pulzone già all’inizio dell’ottavo decennio del XVII secolo, infatti i padri filippini, proprietari della Chiesa Nuova, esposero sull’altare un cartone della crocifissione già nel 1583. La tela, pronta già nel 1586, venne però consegnata solo dieci anni dopo per problemi intervenuti nel suo pagamento.
Su un fondo oscuro, che non è notte ma tenebra, tempo fermo e impietrito, si stagliano quattro figure. Il Cristo (che però non diviene subito centro dell’attenzione, come dovrebbe essere) la Vergine ai piedi della croce, la Maddalena e San Giovanni.
Il grande colore

Colpiscono i tre grandi concentrati di colore rappresentati dai mantelli rosso di San Giovanni e indaco della Maddalena e dalla veste viola ed arancione della Vergine. Tessuti compatti, pieghe forti. Nella loro rappresentazione non v’è alcuna leziosità, alcun autocompiacimento per la propria bravura.
La Maddalena è spenta, in termini pittorici. Una massa che riempie un vuoto. Lo sguardo corre sul viso della Vergine, luminoso nella cornice dei suoi lunghi capelli biondi. La mano destra della madre è avvinta ai piedi del figlio. Tra la mano ed il piede destro del Cristo vi è però un’improbabile ciocca di capelli biondi.
Dei colori della veste abbiamo detto. L’espressione del viso è quella di un’estasi rassegnata più che del dolore irreparabile.
Poi c’è il San Giovanni avvolto nel drappo rosso. Le braccia aperte, la mano sinistra leggermente meccanica. Un viso qualunque, con la bocca aperta. Ma qualunque non ha una connotazione negativa, come vedremo.
Non so se la Crocifissione do Scipione Pulzone, detto il Gaetano, vi fa o vi farà pensare quello che fa pensare a me ogni volta che la vedo (ma non si svelerò subito cosa).
Il viso di San Giovanni, ho detto, ha qualcosa di familiare, di quotidiano. Del resto Scipione Pulzone era famoso per almeno due caratteristiche: la capacità di riprodurre i più minuti dettagli e la capacità di dipingere dal vero.
Dipingere il vero
Il Gaetano fu uno dei più apprezzati e ricercati ritrattisti dei suoi tempi. Fu anche uno che, ad un certo punto, nell’ultima fase della sua arte, non disdegnò di cercare i suoi modelli nella vita di tutti i giorni.
Infatti nel 1589, cioè in questi anni, dipinse per la Chiesa del Gesù una pala rappresentante i Sette Arcangeli Adoranti, ma nel 1600 la pala viene rimossa perché gli angeli non erano sufficientemente abbigliati e nei loro visi si potevano riconoscere persone realmente esistenti. Purtroppo l’opera venne poi smarrita e quindi ci dobbiamo fermare qui.
Scipione Pulzone e Caravaggio
Chiunque ami Caravaggio, sebbene sappia che la sua genialità sia unica ed irripetibile, non riesce a fermarsi dal continuare a cercare modelli e momenti a cui possa aver guardato.
Secondo Hermann Voss gli archetipi del Ritratto di Cortigiana di Michelangelo Merisi (Fillide Melandroni) andrebbero cercati nei ritratti di Scipione Pulzone.
Perché no. Ma si tratta di un elemento puntuale. Secondo me, c’è un elemento fattuale più generale a cui dovremmo guardare. Ovvero che il Cardinale del Monte, stando all’inventario della sua collezione, possedeva ben quattro tele di Pulzone.
Tutte e quattro erano ritratti. Di uno non conosciamo il personaggio, due erano volti della Vergine e nel quarto caso era un ritratto proprio del padrone di casa, il cardinal Francesco Maria Bourbon del Monte. Quest’ultima tela, per inciso, deve essere posteriore al 1588 anno in cui il del Monte divenne cardinale.
Scipione Pulzone muore nel 1598. Il cardinal Del Monte accoglie Caravaggio nelle propria residenza a Palazzo Madama proprio in quel periodo, forse nel 1597. Peraltro Pulzone dimorava a Roma e Caravaggio vi si trovava già da qualche anno.
Nulla vieta che i due si siano conosciuti anche personalmente. Tutto comunque lascia ipotizzare come probabile che Caravaggio abbia visto le tele di Scipione di proprietà del suo mecenate nonché quelle esposte pubblicamente.
Cosa avrà detto il cardinal del Monte a Caravaggio dell’arte del Pulzone? Glielo avrà posto come esempio di quella capacità di rappresentare il vero di cui Merisi fu poi il maestro sommo? Non saprei… Continuiamo a cercare…
Qualche anno dopo, però, intorno al 1602, Caravaggio si sarà più di una volta fermato a guardare i suntuosi colori della Crocifissione di Scipione Pulzone. Infatti, Pietro Vittrici gli aveva commissionato di dipingere la straordinaria Deposizione dei Musei Vaticani (oggi) che ornava la sua cappella gentilizia. Questa, guarda il caso, era quella subito successiva a quella della Crocifissione….