Sacramentario Gellone San Matteo
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Sacramentario di Gellone: il dono di Carlo Magno

Il Sacramentario di Gellone, datato intorno al 780 dC, è un codice miniato di significativo rilievo storico non meno che artistico…

Al di la del fascino che esercitano le sue miniature, è anche una testimonianza importante per comprendere quali stili e quali influenze caratterizzassero l’arte nell’Alto Medioevo. Infatti, i codici miniati sono arrivati fino a noi in numero tale da consentirci confronti ed analisi.

Cos’è un Sacramentario?

Il sacramentario o liber sacramentorum o sacramentorium è il libro che contiene le orazioni recitate dal sacerdote nel corso della messa. Dunque, se da un lato si tratta di uno strumento di uso quotidiano, dall’altro esso consente uniformità di rito in un territorio o nell’intera chiesa.

I primi sacramentari, come quello di Gellone, avevano proprio questo scopo. Il secondo più antico liber sacramentorum è quello attribuito a papa Gelasio (492-496) ma in realtà redatto a metà del VII secolo. Il cd. Sacramentarium Gelasianum che è per noi importante poiché è da questo testo che parte Pipino il Breve (751-768) per diffondere anche tra i Franchi la liturgia romana impiegando il testo gelasiano con l’inserimento anche di formule liturgiche franche. Il Sacramentario di Gellone è il più noto tra questi sacramentari gelasiano-franchi.

Sacramentario di Gellone: la storia

E’ opinione consolidata che il manoscritto sia stato realizzato intorno al 790 per una monastero nella diocesi di Meaux (nelle vicinanze di Parigi) e sappiamo che nell’ultimo decennio dell’VIII secolo si trovava un pò

sacramentario gelasiano gellone
San Giovanni

più a nord est nella cattedrale di Cambrai. Ma non vi rimase a lungo.

Infatti la particolarità della storia di quest’opera sta nella nobiltà delle mani che la toccarono. Principalmente quelle di Guillaume de Gellone (750-815 circa), duca di Aquitania. Questi, era figlio di Alda, figlia a sua volta di Carlo Martello, e dunque cugino di Carlo Magno.

Guillaume fu uomo d’arme vicinissimo all’imperatore che gli affidò infatti il governo dell’Aquitania ma, intorno all’804, lasciò le armi per la chiesa. Fondò infatti un monastero che seguiva la regola benedettina nella Valle del Gellone a Saint-Sauveur de Gellone dove intorno all’abbazia sorse il villaggio di Saint Guilhem-le-Desert. Siamo in Provenza non lontano da Montpellier.

Si vuole che proprio Carlo Magno donò a Guillaume de Gellone il Sacramentarium Gelasianum che divenne poi noto come il Sacramentario ai Gellone.

Le decorazioni

sacramentario gellone crocifissioneCiò che rende questo sacramentario così significativo sono insieme l’epoca in cui fu realizzato ed il tipo di rappresentazioni che vi troviamo. E’ infatti una testimonianza di come diverse influenze occidentali ed orientali venissero a congiungersi.

Prima di tutto, però, vanno evidenziate le immagini più rilevanti. La Vergine che porta una Croce proprio nel primo foglio (verso). Sant’Agata (f.17Verso); San Matteo (f.42Recto); San Giovanni (f.42V); San Luca (F.115V). Da notare le rappresentazioni zoomorfe: San Giovanni ha la testa di un’aquila e San Luca di un toro, cioè sono resi attraverso i loro simboli. Ma teniamo anche presente come Santa Lucia vesta all’orientale

Ma è al foglio 143v il tesoro più grande. Una Crocifissione, probabilmente la più antica mai rappresentata in un codice francese. Il Cristo in croce, tra due angeli, con la croce ornata a punzoni, forma la “T” di “Te igitur…”. Un Cristo triumphant, direi. Innumerevoli poi, ed incantevoli, i capilettera zoomorfi o astratti.

Lo notano bene i curatori della Biblioteca Nazionale di Francia dove l’originale è conservato:

“De très nombreuses initiales de différentes dimensions passim, allant de la lettrine historiée à la majuscule décorée de simples rehauts de couleurs et/ou entourée de pointillés rouges, en passant par des décors abstraits aux influences insulaires marquées (ex f. 6r) et mérovingiennes (notamment l’utilisation fréquente du motif du poisson). Le vaste registre iconographique des initiales historiées, qui entretiennent souvent un rapport étroit avec le texte, couvre le monde animal (oiseaux, reptiles, quadrupèdes, etc.), mais aussi la figure humaine qui subit une grande variété de traitement”.

Merovingi, irlandesi e bizantini

Quindi richiami ai codici merovingi ma anche a quelli che venivano realizzati al di là della Manica nelle abbazie inglesi e irlandesi.

Poi c’è Bisanzio. Dice a questo proposito lo storico medievalista Henri Pirenne nel suo “Maometto e Carlo Magno”: “Il medesimo orientalismo (rispetto alle arti decorative franche in genere, n.d.r.) si trova nella decorazione dei manoscritti. Il sacramentario di Gellone, opera visigota, è decorato con pappagalli dalle penne di colori sgargianti, con pavoni, avvoltoi, leoni, serpenti che indicano abbastanza bene la loro origine. Si possono anche scoprire alcune influenze armene.

I manoscritti diffusi nel secolo VII dagli irlandesi avranno invece un carattere più nazionale e più barbarico. Vi si troveranno riuniti a motivi indigeni e di origine preistorica alcuni elementi di origine orientale ricevuti senza dubbio attraverso l’arte delle Gallie”.

Sacramentario di Gellone: chi ne fu l’autore

Ovviamente non possiamo saperlo per certo. Gli esperti in questi casi lavorano cercando somiglianze negli stili delle decorazioni e della scrittura. Ma nel nostro caso, c’è un piccolo indizio. In due fogli, il 99r ed il

sacramentario gellone Vergine
Sacramentario di Gellone – La Vergine

254v troviamo, inserito in modo assai cauto, troviamo il nome David. Che si tratti dell’autore?

Potrebbe essere ma…. come spesso accade, gli esperti si dividono. Potrebbero esserci anche due mani. I curatori della Biblioteca Nazionale di Francia sintetizzano i pareri prevalenti:

“Le prénom David a été noté deux fois dans des initiales (f. 99 et 254v); ce pourrait être le nom du copiste et artiste qui a décoré notre ms. (il serait même le chef d’atelier rubricateur, de l’avis de Deshusses, p. xii). Selon Baldwin (1973) les portions copiées par ce scribe David et la seconde main (indiquée ici par ‘B’) sont réparties comme suit: ff. 1-157r (David); 157v-166v (B); 167r-173r (David); 174-251r (B); 251v (David?); l’opinion de Deshusses sur cette question est différente (1981, p. xii-xiii)”.

Volete ammirare per intero il manoscritto?

Si è possibile! Perché alla Biblioteca Nazionale di Francia lo hanno digitalizzato, quindi dovete solo cliccare QUI. Poi, se volete curiosare nell’intera collezione dei manostritti digitalizzati, cliccate qui Gallica.

Le immagini che illustrano l’articolo vengono proprio dalla Biblioteca Nazionale di Francia che, con encomiabile intelligenza ed apertura mentale, ne consente l’uso. E quindi, ringraziandoli sinceramente, cito la fonte come si conviene, ovvero le immagini sono tratte da: “Source gallica.bnf.fr / Bibliothèque nationale de France”.

Approfondimenti: tra codici miniati e icone

Parlando di antichi codici miniati, vi consiglio di leggere:

A quei secoli risalgono le icone più antiche giunte fino a noi:

 

 

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.