Il mosaico del Cristo tra la Vergine e San Miniato, restaurato nel 2023, è uno dei rari mosaici presenti a Firenze e collegato per più versi al grande ciclo musivo del Battistero del Duomo.
Mosaico dell’abside di San Miniato: la rappresentazione
La rappresentazione è in se piuttosto tradizionale: Cristo Pantocratore tra la Vergine e San Miniato, titolare della basilica. Quest’ultimo, primo martire di Firenze, è nell’atto di offrire la sua corona di principe (o re) d’Armenia a Cristo. In realtà, la figura del santo si è venuta a costruire nei secoli in un accavallarsi di narrazioni e nulla lascia pensare che si trattasse veramente di un armeno di origini aristocratiche.
Tornando alla simbologia, di cui il mosaico è ricco, il termine pantocratore deriva dal greco pan (tutto) e kràtein (dominare con forza). Cristo è infatti rappresentato quale giudice, seduto su un trono. Benedice secondo l’uso ortodosso con tre dita della mano desta alzate: l’indice e il medio formano una X ovvero la lettera iniziale di Χριστός.
Con la mano sinistra tiene il Vangelo. In questo caso è chiuso ma in altri è aperto per riportare le frasi “Io sono l’alfa e l’omega” oppure “io sono la luce del mondo”. In questo caso, però, l’alfa e l’omega sono poste ai lati del Cristo in alto e richiamano il verso dell’Apocalisse di Giovanni.
Il mosaico, dicevamo, è ricco di simboli. Al lato della Vergine troviamo la palma, simbolo adorato fin dal paganesimo, ma che qui simboleggia la Resurrezione. Al lato di San Miniato troviamo l’Albero della Vita, simbolo della nascita.
Ai piedi dell’Albero troviamo il pellicano. E’ un simbolo direttamente riferito a Cristo di cui rappresenta il sacrificio stesso. Raccontare il perché ci porterebbe un po’ lontano ma potete leggerlo cliccando simbologia pellicano
I Quattro Evangelisti… ma non solo
Gli Evangelisti sono rappresentati attraverso i loro simboli: aquila, toro, leone ed angelo. Soprattutto il toro ed il leone sono immagini molto elaborate e raffinate. Richiederebbero un’analisi a se.
Alla sinistra della Vergine, in ginocchio, trovate il committente. Sono poi assai numerose e ricche le rappresentazioni di uccelli e particolarmente interessante la soluzione di porre una stola bianca sul trono del Cristo. Evidentemente da luce all’intera scena.
Mi intriga infine l’ampia veste del Cristo che ha dei precedenti inequivocabili. A tal proposito, esaminate voi stessi le vesti degli Apostoli nel mosaico dell’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata datato al XII secolo. Non perderei di vista neanche le vesti dei mosaici della Basilica di Torcello, sempre del XII secolo. Nei due casi citati o siamo a Venezia o supponiamo che mosaicisti veneziani parteciparono all’impresa: invero, lo pensiamo anche per Firenze.
Da ultimo, guardate le vesti del Cristo Pantocratore di San Miniato e di quello del Battistero del Duomo e poi leggete qui sotto.
L’Arte di Calimala
L’Arte di Calimala, cioè la corporazione dei mercanti fiorentini, ricchissima, fu il principale sponsor (perdonate l’attualizzazione) dal 1180 al 1770 tanto della Basilica di San Miniato al Monte quanto del Battistero di San Giovanni. Dunque, ecco spiegato sia la realizzazione di mosaici, una tecnica non propriamente fiorentina, in ambo i luoghi che un possibile impiego di maestranze comuni.
In realtà, la realizzazione dei mosaici del Battistero del Duomo durò un secolo: dal secondo decennio del XIII secolo al terzo decennio del XIV secolo. Soprattutto in fase di avvio, l’Arte di Calimala dovette rivolgersi a maestranze straniere per realizzare la posa in opera dei mosaici.
Maestri bizantini? Veneziani? Ambedue? Anche altri? Roma non era lontana e da secoli era un motore dell’arte musiva italiana. Per approfondire clicca I Mosaici Cristiani di Roma: dieci secoli di storia
Mosaico dell’abside di San Miniato: la datazione
Tradizionalmente, il mosaico veniva datato al 1297 in virtù dell’iscrizione posta alla base del mosaico che riporta quell’anno. I restauri hanno consentito di analizzare accuratamente l’opera e di ipotizzare l’esistenza di una porzione superiore più antica che comprenda le tre figure principali databile intorno al 1260. Viceversa, la fascia inferiore comprensiva dei simboli degli Evangelisti sarebbe da datare al 1297
I restauri
Il mosaico fu restaurato nel 1388 da Zaccaria d’Andrea poi nel 1403 e 1404 da Filippo di Corso e infine nel 1481 da Alesso Baldovinetti
A metà dell’800, come testimonia anche Giovanni Berti nella sua opera “Cenni storico-artistici per servire di guida ed illustrazione all’insegna Basilica di S. Miniato al Monte” l’umidità aveva fortemente danneggiato alla porzione di sinistra ed alla figura della Vergine. Nel 1860 intervenne quindi il restauratore veneziano Sante Antonio Gazzetta che rifece completamente la figura.
Forse anche per i numerosi interventi, una serie diversificata di tessere si ritrova nel mosaico: marmo anche dipinto, vetro, lamina d’oro, ceramica.
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