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Santa Maria Antiqua: gli affreschi delle origini

Santa Maria Antiqua nasce in un momento particolare per Roma. Nel 552 d.C. l’esercito Bizantino strappa definitivamente la città al dominio di Goti e, tra il 555 d.C. ed il 561, riporta l’Italia nel controllo dell’Impero Romano d’Oriente. La Penisola è però stremata da una guerra (quella greco-gotica, appunto) che va avanti da venti anni. Roma – la più grande metropoli del mondo con un milione e mezzo di abitanti – è ridotta ad una popolazione di trentamila ed ha subito danni immisurabili.

Chiesa di Santa Maria Antiqua al Foro Romano: breve storia

E’ in questo contesto che, proprio ad opera dei Bizantini, nasce Santa Maria Antiqua. Essa, nel ripristino degli antichi palazzi imperiali, ne diviene (probabilmente) la cappella palatina, cioè la cappella di palazzo. Ne consegue l’attenzione dei papi che negli anni ne favoriscono il continuo abbellimento. A partire da quei decenni e per circa due secoli il papato sarà sotto l’influenza degli imperatori bizantini e ciò ebbe conseguenze anche nell’arte. Si parla infatti di Papato Bizantino proprio per indicare un periodo che, oltre ad una generale influenza di Bisanzio sul papato, vide anche l’elezione al soglio pontificio di papi di nascite o cultura orientale.

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Santa Maria Antiqua – Parete Palinsesto

Nell’847, un terremoto seppellisce Santa Maria Antiqua nascondendola agli occhi del mondo fino alla fine del XIX secolo. Tanto che, sempre nel Foro Romano, verrà costruita una nuova chiesa dal nome (appunto) di Santa Maria Nova.

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Santa Maria Antiqua – Apostolo

Un evento catastrofico ma provvidenziale per lasciare inalterati gli interventi che avevano interessato Santa Maria Antiqua tra il VI e il IX secolo. Una fortuna per la storia dell’arte. Infatti, ciò che rende importante Santa Maria Antiqua è proprio il fatto di potervi ancora leggere affreschi risalenti a secoli della cui arte ci è rimasto pochissimo.

A Roma, dove le arti tutte avevano raggiunto livelli di eccellenza per poi subire i colpi delle devastanti invasioni barbariche, Santa Maria Antiqua ci permette di studiare come le arti andassero mutando e con quali influenze ciò avvenisse.

Santa Maria Antiqua: la Parete Palinsesto

Posta a destra dell’abside, questa parete deve la sua importanza al fatto di conservare ben sette diversi strati di intonaco di epoche via via successive. Per questo motivo è nota come parete palinsesto.

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Santa Maria Antiqua – Angelo

Appartiene al terzo strato la Madonna in Trono col Bambino in abiti bizantini. Risale alla fondazione della chiesa (siamo quindi tra il 550 e il 560 d.C.) o forse addirittura a qualche lustro prima. Infatti quegli ambienti erano l’atrio o la sede del corpo di guardia che presidiava l’accesso alla residenza del governatore bizantino di Roma.

La postura e gli ornamenti sono quelli tipici dell’arte bizantina. Coevo è anche l’angelo alla sua destra che faceva parte della medesima scena. Di questo angelo dobbiamo però notare la maggior plasticità rispetto alla figura della Vergine, la posizione di tre quarti, il colorito dell’incarnato del volto. Può essere utile confrontare questo affresco con la coeva icona della Kyriotissa del Sinai custodito nel monastero di Santa Caterina d’Alessandria.

Al di sopra di lui vediamo (nell’angolo di destra) ciò che resta del volto del cd. Angelo Bello e di fronte (angolo di sinistra) il viso della Vergine. Erano i due protagonisti di un’Annunciazione appartenente al quarto strato e databile alla prima metà del VII secolo, anteriormente a papa Martino I (649-655). E’ evidente il richiamo all’arte “classica”, non a caso la figura è anche detta l’angelo pompeiano.

Santa Maria Antiqua e l’arte classica

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Santa Maria Antiqua – Angelo Bello

Perché qui sta il punto. Era ancora sopravvissuto qualcosa dell’antica arte dell’affresco greco e romano in quei travagliati VI e VII secolo? Esistevano ancora maestranze capaci di cimentarsi con la tecnica posseduta dai loro predecessori (clicca per l’articolo “Gli straordinari affreschi romani del Metropolitan Museum”)?

Non è facile rispondere a questa domanda. Merita però porre a confronto quattro immagini. I volti dei due angeli di cui abbiamo detto (metà VI secolo il primo, inizio VII il secondo); l’Arcangelo Gabriele databile ai primissimi anni del VIII secolo e, infine, il busto di Apostolo coevo dell’appena citato Arcangelo Gabriele. Potete vedere le immagini degli affreschi in questione inserite in questo articolo.

Per quanto riguarda l’Arcangelo Gabriele, per inciso, merita raffrontarlo con gli affreschi ellenistici di Santa Maria Foris Portas a Castelseprio anch’essi databili tra il VII e l’VIII secolo.

E’ evidente che qualcosa sopravvive. Come è difficile dire. Dobbiamo però tener presente che gli affreschi di cui stiamo parlando sono anteriori all’iconoclastia (o coevi) e che, quindi, sia Santa Maria Antiqua che Santa Maria Foris Portas ci raccontano, probabilmente, qualcosa dell’arte dell’affresco bizantina prima dell’iconoclastia.

La Crocefissione della Cappella di Teodoto

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Santa Maria Antiqua – Arcangelo Gabriele

Il Primicerius Teodoto potrebbe essere addirittura lo zio e padre adottivo di papa Adriano I. Una figura di spicco tra i prelati romani e dunque in condizione di intervenire sugli ornamenti della cappella che (oggi) prende il suo nome. Devoto a San Quirico e Santa Giulitta, fece dipingere la scena del loro martirio. Siamo alla metà dell’VIII secolo durante il pontificato di papa Zaccaria (741-752).

Le scene – non v’è dubbio – sono lontane dalla tradizione bizantina (come ci appare nei mosaici ravennati). Il dinamismo è forte. Basti guardare la partecipazione delle figure. Il corpo del santo bambino brandito in aria prima di essere scaraventato a terra.

Un dinamismo analogo lo troviamo nella Crocefissione, anch’essa nella Cappella del Primicerius Teodoto. In realtà qui siamo in presenza di un momento di passaggio. Il Cristo è frontale, immobile, ma Longino e il soldato romano con la spugna imbevuta d’aceto, tutt’altro. Il dinamismo è evidente. Come lo è il tratto naif dei tre paletti che reggono la Croce. Una bottega di pittori romani, con tutta probabilità, che guarda all’arte ufficiale di Bisanzio ma la reinterpreta con il suo sentire più popolare.

Va detto, guardando alle fonti, che anche i mosaici bizantini non sempre prediligono la frontalità. Si pensi ai tre Re Magi di Sant’Apollinare a Ravenna, realizzati circa due secoli e mezzo prima.

Merita osservare che anche a Santa Maria Foris Portas ritroviamo proprio i Magi affrescati in movimento nei vestiti della loro epoca.

Una grande varietà di stili

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Santa Maria Antiqua – Crocifissione

Se Santa Maria Antiqua ci insegna una lezione, questa è quella della convivenza in un periodo storico di stili diversi. Un fatto peraltro vero in ogni epoca.

Nello specifico, la bella parete della navata est che raffigura Cristo in Trono tra una lunga teoria di santi ha caratteristiche assolutamente diverse dalla Crocifissione. Eppure pochi anni dividono i due momenti. E’ comunque qualitativamente alta e progenitrice di rappresentazioni simili nei secoli successivi.

Infine, su questa stessa linea di pensiero, si situa la particolare rappresentazione delle Tre Madri che vede l’una accanto all’altra la Vergine col Bambino, Sant’Anna con Maria bambina e Santa Elisabetta con il figlio Giovanni (vedi photogallery). Si tratta della più antica testimonianza a Roma del culto delle parenti della Vergine. Anche in questo caso, lo stile è di nuovo diverso.

Trattando dell’arte cristiana a Roma non è possibile prescindere dai mosaici delle chiese più antiche della Città Eterna. Intatti, la durevolezza propria del mosaico ha consentito a queste opere di arrivare fino a noi in numero assai maggiore e in condizioni migliori che non gli affreschi. Se vuoi avere un panoramica di quanto ancora esista a Roma, leggi I Mosaici Cristiani di Roma: dieci secoli di storia. 

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.