Il mosaico dell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore si erge solenne in fondo alla navata centrale. Alto nove metri e largo sedici, in buono stato se consideriamo i suoi sedici secoli di storia, è una testimonianza maestosa dei grandi mosaici della Roma cristiana.
Mosaici dell’Arco Trionfale di Santa Maria Maggiore
Antico quanto la basilica di Santa Maria Maggiore (costruita durante il pontificato di Sisto III tra il 432 e il 440 d.C.), è una delle poche testimonianze sopravvissute a Roma di mosaici cristiani realizzati quando Roma manteneva la presenza di mosaicisti educati all’arte classica (per così dire).
Dunque, mi trovo assolutamente d’accordo con quanto ormai nel 1915 scriveva Monsignor Giovanni Biasiotti (1869-1939) nel Bollettino d’Arte del Ministero dei Beni Culturali:
“…invero i mosaici dell’arco trionfale eli S. Maria Maggiore sono un poema epico che l’arte compose ad esaltazione dell’Uomo Dio e della Vergine Madre di Dio… Furono però questi gli ultimi bagliori che l’arte classica, convertita alla nuova fede, mandò in Roma. Tutti i quadri del mosaico dell’arco trionfale della Basilica Liberiana hanno una freschezza, un’espressione vivissima di sentimento e di affetto, un carattere veramente drammatico che solo derivano dall’arte imperiale romana…. Insomma, nulla di bizantino, come taluni vorrebbero, in quel grandioso mosaico, in cui domina invece il classicismo con quell’armonia mirabile di eleganza e di splendore che fanno di esso la più bella manifestazione cii arte decorati va della prima metà ciel V secolo in Roma”.
Mosaici della navata e dell’arco trionfale: quale rapporto?
In realtà esiste un rapporto diretto tra i temi rappresentati nei mosaici del ciclo della navata centrale della basilica e quelli dell’arco.
Infatti, i mosaici della navata descrivono storie tratte dall’Antico Testamento. Viceversa, i mosaici dell’arco si riferiscono al Nuovo Testamento e più specificamente all’infanzia di Gesù.
Dunque, possiamo dire che in senso figurato i mosaici della navata guidino il fedele che, attraversando lo spazio sacro, muova dall’ingresso della basilica verso l’abside in un viaggio attraverso le Scritture dai protagonisti più antichi di queste fino al Messia.
Il mosaico tra Roma e Bisanzio
Come dicevo, le osservazioni di Monsignor Biasiotti sul legame diretto tra l’arte musiva della Roma imperiale (anche) pagana e i mosaici dell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore è di discendenza diretta.
Questi mosaici raccontano storie. Sono una rappresentazione teatrale. Insegnano e testimoniano al fedele le Scritture. Come sappiamo, proprio il fatto di privilegiare il racconto, l’interazione tra i protagonisti del mosaico, il rapporto diretto tra opera e spettatore, sono caratteristiche dell’arte musiva romana. Viceversa, essa andrà trasformandosi nei secoli successivi alla caduta dell’Impero in una rappresentazione sempre più statica. In essa le singole figure perderanno l’interazione reciproca ed anche la capacità di raccontare.
Resta però che almeno nei costumi esista una ben leggibile presenza dell’Impero Romano d’Oriente. Guardate la Madonna rappresentata nelle vesti di imperatrice. Oppure i Magi che indossano costumi certamente non romani. Oppure notate nell’Adorazione dei Magi come Gesù sia rappresentato come un bambino re. Niente a che vedere con il bue e l’asinello che popolano oggi il nostro immaginario collettivo.
Per inciso è molto interessante notare come i mosaicisti abbiano ampiamente rappresentato i personaggi in abiti romani ma quando si guardi ad Oriente (i Re Magi, appunto) allora prevalgano costumi di derivazione bizantina.
Santa Maria Maggiore: le scene dei mosaici dell’arco trionfale
Proviamo a guardare insieme i mosaici dell’arco aiutandoci più con le immagini che con le loro descrizioni che diverrebbero alla fine prolisse.
Nella fascia superiore troviamo a sinistra l’Annunciazione e a destra la presentazione di Gesù al Tempio. Al centro, tra i Santi Pietro e Paolo e con al di sopra i simboli degli Evangelisti, è raffigurato un trono vuoto sormontato da una croce.
Si tratta del Trono dell’Etimasia: il trono vuoto che accoglierà Cristo al momento del suo ritorno sulla terra nel giorno del Giudizio Universale. Sotto il trono la dicitura Xystus episcopus plebi Dei (Sisto vescovo del popolo di Dio) chiarisce chi sia il committente del mosaico.
Un ulteriore utile chiarimento sul significato delle immagini degli Evangelisti ci viene da Monsignor Biasiotti: “le mistiche immagini personificanti i quattro evangeli… vogliono significare che il regno di Cristo non può essere disgiunto dal concetto della dottrina evangelica ed apostolica predicata dalla Chiesa”.
Nel registro immediatamente inferiore troviamo a sinistra l’Adorazione dei Magi e a destra la Fuga in Egitto.
Scendendo ancora di un registro, troviamo a sinistra a destra i Magi e gli scribi di fronte ad Erode. A sinistra le madri di Betlemme con il loro figli di fronte al medesimo: poco prima che si compia la Strage degli Innocenti.
Betlemme, Gerusalemme e gli agnelli
Nel registro più basso troviamo a sinistra la rappresentazione della città di Gerusalemme e a destra quella di Betlemme. Non ci si può sbagliare: sopra ciascuna c’è un cartiglio esplicativo.. Al di sotto di ciascuna delle due città, troviamo sei agnelli. Anche qui è difficile sbagliarsi: si tratta dei dodici Apostoli.
In realtà, come vedremo tra un attimo, Gerusalemme, Betlemme e gli Agnelli sono un classico nei mosaici della Roma cristiana. Solo che qui ci troviamo ai tempi di Sisto III e dunque questa è la rappresentazione più antica di questi elementi.
Merita così effettuare due rapidi confronti. Il primo è con i mosaici della Basilica di Cosma e Damiano. Sono passati scarsi cento anni e gli agnelli hanno trovato la loro classica ordinata disposizione nel registro basso del mosaico absidale ben sistemati lungo tutto il medesimo. Diciamolo: gli agnelli di Santa Maria Maggiore hanno un’altra poesia.
Lasciamo passare altri cinquant’anni e un secolo e mezzo dopo Santa Maria Maggiore arrivano i mosaici di Pelagio II a San Lorenzo Fuori le Mura. Qui non ci sono gli agnelli ma troviamo Gerusalemme e Betlemme. Però confrontatele bene. Sarà un caso: quelle di Sisto III straripano di templi con i loro bei frontoni a timpano. Quelle di Pelagio sono abbondano di tetti a capanna. Sarà un caso?
La Traditio Legis tra agnelli e città sacre
Per chiudere in bellezza facciamo un altro passo indietro nel tempo. Siamo intorno al 350 d.C. (dunque ottant’anni prima di Sisto III) quando Costanza costruisce il suo mausoleo.
I mosaici del Mausoleo di Santa Costanza ci raccontano una vicenda interessante. Infatti qui troviamo il più antico mosaico della Traditio Legis giunto fino a noi. E’ la rappresentazione di Cristo che consegna le leggi a San Pietro alla presenza di San Paolo. A ciascun lato della scena troviamo un edificio e, ai piedi del Cristo, due agnelli per parte. Per inciso, la figura di Cristo poggia su un’altura dalla quale sgorgano i fiumi dell’Eden. Nei secoli successivi, l’Agnello che rappresenta Gesù (circondato dalle dodici pecorelle) poggerà anche lui sui fiumi dell’Eden.
Dunque, nei decenni che intercorrono tra Costanza e Sisto, gli agnelli si moltiplicheranno e gli edifici diverranno città…. Se volete approfondire la storia dei mosaici cristiani di Roma leggete I Mosaici Cristiani di Roma: dieci secoli di storia
Mosaico Arco Santa Maria Maggiore
Per avere una sensazione della temperie artistica della Roma di quei secoli, potete leggere:
- Santa Maria Maggiore: i mosaici
- Santa Maria Maggiore: i mosaici della navata (III secolo)
- Santa Pudenziana, il più antico mosaico cristiano
- Icona della Madonna del Conforto: emozione profonda
- Virgilio Romano: testimone dell’arte del VI secolo
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