Sassoferrato. Dal Louvre a San Pietro. La collezione riunita, è certamente un’importante occasione per ammirare e studiare nel loro contesto storico le opere di Giovan Battista Salvi (1609-1685).
Si tratta però anche di una bella operazione storico-culturale. Infatti, la mostra riunisce nella loro antica dimora dell’abbazia benedettina di San Pietro a Perugia tutte e diciassette le opere eseguite dal Salvi proprio per questo luogo. Gliele commissionò l’abate Leone Pavoni che resse per lunghi anni la comunità benedettina.
Così, torna a casa anche L’Immacolata Concezione, capolavoro del Sassoferrato oggi al Louvre. Qui venne trasferita da Dominique-Vivant Denon, direttore del Musée Napoleon. da allora mai più

rientrata in Italia.
La mostra conta quaranta dipinti, sia di Sassoferrato sia dei maestri ai quali l’artista si ispirò. Tra loro, Pietro Perugino, lungamente studiato da Sassoferrato.
Pari interesse Giovan Battista Salvi ebbe per Raffaello. A tal proposito, la mostra mette a confronto due copie della Deposizione Borghese di Raffaello. Una è di Orazio Alfani (Perugia 1510 – Roma 1583), l’altra del Cavalier d’Arpino (Giuseppe Cesari, Arpino 1568 – Roma 1640). La versione dipinta dal Sassoferrato è del 1639.
Uno spazio significativo viene riservato anche alla Madonna del Giglio, immagine devozionale che assicurò grande notorietà al Salvi. Se ne presentano infatti tre versioni dove l’artista riprende un’antica immagine di culto realizzata da Giovanni di Pietro detto lo Spagna, seguace di Perugino e Raffaello.
Sassoferrato tra originalità e imitazione

“Di fronte a opere del genere – dice Cristina Galassi, curatrice della mostra insieme a Vittorio Sgarbi – gli studiosi si sono legittimamente chiesti fino a che punto la pittura di Sassoferrato debba essere considerata originale. In realtà, e la mostra lo conferma in pieno, sarebbe sbagliato considerare il Salvi un mero imitatore. Come ha acutamente osservato Federico Zeri, egli non si limita a copiare le opere degli artisti presi a modello ma aggiunge sempre la sua personale interpretazione. Ciò emerge chiaramente dal confronto tra la bellissima Maddalena del Tintoretto e la versione di mano del Sassoferrato, dove le forme turgide e quasi sensuali del pittore veneto vengono riproposte dal Salvi con un linguaggio più asciutto e temperato.
In mostra non mancano, d’altra parte, opere in cui l’artista si palesa in tutta la sua eccezionale originalità. Ecco dunque la Giuditta con la testa di Oloferne, un dipinto che non è esagerato includere tra i capolavori del Seicento italiano, la grande Annunciazione della Vergine, opera di rara finezza esecutiva, i santi Benedetto, Barbara, Agnese e Scolastica, lavori in cui l’artista, pur rispettando l’autorità dei modelli, mette da parte ogni forma di deferente imitazione”.
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Sassoferrato. Dal Louvre a San Pietro. La collezione riunita
8 Aprile – 1 Ottobre 2017
Complesso Benedettino di San Pietro. Perugia
info www.sanpietroperugia.it