Credo che a chiunque l’idea di entrare nella cappella palatina dei duchi longobardi di Spoleto dia un brivido ed un’emozione. Siamo, tra il VI ed il VII secolo e Sant’Eufemia è certamente una chiesa romanica di prim’ordine.
Dunque, secondo l’ipotesi più accreditata, la chiesa di Sant’Eufemia ed il palazzo vescovile di Spoleto sorgerebbero sull’area un tempo occupata dal palatium dei duchi di Spoleto. Il palazzo sarebbe sorto su un’altura prominente verso valle in corrispondenza della cosiddetta insula romana: scavi archeologici condotti in quest’area infatti hanno messo in luce un importante edificio di età sillana. La basilica risulterebbe dunque come l’evoluzione della cappella palatina dei duchi longobardi dedicata alla stessa Sant’Eufemia.
Chiesa di Sant’Eufemia: la storia
Nel X secolo alla chiesa fu aggiunto un monastero di monache benedettine, fondato dalla badessa di origine germanica Gunderada. La galleria, che sovrasta le navate della chiesa, è quanto resta dello spazio destinato alle monache durante l’officio delle celebrazioni. Come risulta da un affresco del XIV secolo che decora una sala della curia arcivescovile, la facciata della chiesa era inglobata all’interno del convento e si affacciava su un cortile aperto ai fedeli che potevano così accedere alle funzioni. Un passetto che collegava il convento alle gallerie poste nel secondo ordine della basilica consentiva alle monache di poter assistere alla messa senza uscire dal convento.
Nel 980 ca. fu rinvenuto il corpo di Giovanni, vescovo di Spoleto dal 492 al 546, martirizzato sotto i Goti da Totila. Secondo la leggenda l’abatessa Gunderada si occupò di far traslare il corpo nella chiesa di Sant’Eufemia che da quel momento fu intitolata anche a San Giovanni. La stessa Gunderada chiese al monaco benedettino Giovanni Cassinese di scrivere la vita del vescovo di Spoleto: il documento costituisce la prima fonte letteraria sulla presenza della chiesa e del monastero.
La trasformazione in palazzo vescovile avvenne probabilmente nel corso del XII secolo quando i lavori di ampliamento della cattedrale richiesero che i vescovi si spostassero dalla loro primitiva residenza. Nel XV secolo, per volontà del veneziano Marco Condulmer, la chiesa assunse il titolo di Santa Lucia.
In conseguenza del terremoto del 1571, la struttura architettonica subì degli adattamenti fino a quando non fu divisa in due ambienti attraverso un solaio: il piano di sopra, a livello delle gallerie, fu annesso al palazzo vescovile, mentre il piano inferiore restò aperto al pubblico. Dopo secoli di degrado, a partire dal 1907, si dette avvio a una fase di lavori di restauro conclusasi poi nel 1954.
L’interno
L’interno è suddiviso in tre navate: la navata centrale, coperta da volte a crociera, è affiancata da due navate laterali sormontate da una galleria; l’alternanza di colonne e pilastri sembra rimandare al romanico lombardo.
Le colonne e i pilastri, spesso ottenuti con elementi di spoglio provenienti da edifici classici e alto medievali, scandiscono le tre navate.
Sulla destra la colonna che divide la seconda dalla terza campata è realizzata con un elemento marmoreo di recupero, forse di epoca longobarda: a base quadrata, esso presenta su tre lati una decorazione con eleganti motivi fitomorfici.
Sullo stesso lato, nel pilastro successivo, un affresco raffigura Santa Lucia a figura intera; esso fu eseguito dopo che la chiesa fu intitolata alla santa, quando cioè il veneziano Marco Condulmer fu amministratore della diocesi di Spoleto.
Sulla colonna successiva un affresco dove è riconoscibile la santa martire Apollonia.
In fondo alla navata centrale si può ammirare un bellissimo altare marmoreo collocato in origine nella cattedrale; esso è decorato a motivi cosmateschi e presenta cinque rilievi con i simboli degli evangelisti e dell’Agnello mistico.
Il catino absidale invece è decorato da un affresco del XVI secolo raffigurante l’Eterno fra gli angeli.