Gli antichi teatri di cui sono dotate tante città della provincia italiana testimoniano non solo l’elevarsi degli interessi culturali di classi sociali via via più ampie ma anche l’orgoglio civico e personale di quei cittadini che spesso ponevano i loro personali mezzi economici al servizio della realizzazione di queste opere.
Il Teatro Caio Melisso di Spoleto racconta anch’esso questa storia. Collocato nella scenografica Piazza del Duomo, nasce infatti in una fase ancora iniziale dello sviluppo del cosiddetto teatro all’italiana (cioè con platea, più ordini di palchi e palcoscenico profondo).
Correva infatti l’anno 1667 quando la spoletina Accademia degli Ottusi lo realizzò in tale forma dandogli il nome di Nobile Teatro di Spoleto. Dopo due interventi di risistemazione nel 1749 e nel 1817, non incontrò però più il favore degli spoletini che inaugurano nel 1864 il più ampio Teatro Nuovo.
Alla fine degli anni ’70 dell’800, però, il Comune di Spoleto decise di rivitalizzare il nobile Teatro affidandone la ristrutturazione architettonica a Giovanni Montiroli e le decorazioni a Domenico Bruschi.
Teatro Caio Melisso: i dipinti del Bruschi
Alla sua riapertura nel 1880, per inciso, il teatro cambia nome e diviene Teatro Caio Melisso. Era un momento particolare della nostra storia dove le municipalità andavano riscoprendo e valorizzando le loro (vere o presunte) origini antiche, e probabilmente a questa tendenza si deve la scelta del nome. Caio Melisso, spoletino, fu infatti amico di Mecenate e bibliotecario dell’imperatore Augusto nonché autore di commedie andate però perse.
A Domenico Bruschi (Perugia 1840 – Roma 1910) dobbiamo sia la decorazione del plafone che il sipario. Un recente restauro ce li ha restituiti entrambi con le cromie delle origini.
Il soffitto del teatro è ornato con le figure delle nove Muse e della loro guida, Apollo. Tra una figura e l’altra, una coppia di putti regge una lira al di sopra della quale è raffigurata la corona d’alloro.
Il sipario, invece, è dedicato proprio a Caio Melisso e rappresenta infatti l’Apoteosi di Caio Melisso (cioè la sua deificazione).
La statua di quest’ultimo è circondata da figure che rappresentano le diverse arti (musica, poesia, teatro) ed è collocata in un iconico panorama spoletino con la Rocca dell’Albornoz ed il Ponte delle Torri. Nell’angolo di destra, poi, alcuni putti sorreggono lo stemma di Spoleto con la croce rossa ed il cavaliere in armatura.