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Stadio dei Marmi: le statue degli atleti

Lo Stadio dei Marmi – il gioiello più prezioso del Foro Italico – si staglia con la sua candida corona di sessanta statue contro il verde intenso dei pini di Monte Mario. Alla sua destra la severa mole del Ministero degli Esteri sorto per essere il Palazzo del Littorio. Il bianco del marmo di Carrara contro l’azzurro del cielo e il verde della collina: un altro magnifico colpo d’occhio dell’eterna bellezza di Roma.

Stadio dei Marmi: storia breve

statue stadio dei marmi ercole romaLo Stadio dei Marmi fu costruito con solerte rapidità tra il 1928 ed il 1932. Costituiva una parte del nucleo primigenio dell’odierno Foro Italico, all’epoca dei fatti Foro Mussolini. Insieme ad esso presero forma l’Accademia di Educazione Fisica (poi Isef), lo Stadio dei Cipressi (oggi Stadio Olimpico) e il grande obelisco monolite che funge ancora oggi da punto di ingresso del Foro Italico.

L’intero complesso doveva rappresentare un preciso messaggio politico. Doveva evidenziare l’attenzione che il Fascismo aveva verso l’educazione del corpo, verso la valenza formativa dello sport. Tutto ciò passava anche attraverso l’esaltazione della forza fisica educata dalla disciplina e della virilità.

Dopo l’inaugurazione del 4 novembre 1932 i lavori continuarono a lungo per poi riprendere nel dopoguerra e continuare per le Olimpiadi del 1960.

Foro Italico: luogo del mito

Il Foro Italico e lo Stadio dei Marmi non sorsero in un luogo qualsiasi. Sulle sponde del Tevere in un’area di Roma che si andava lentamente urbanizzando, si trovano a poche centinaia di metri da Ponte Milvio. Confidenzialmente detto Ponte Mollo (per la sua propensione a finire sott’acqua) era un ponte strategico per l’antica Roma. Da qui infatti si dipartivano le consolari Cassia e Flaminia.

Ma è soprattutto la collina di Monte Mario posta alle spalle dello Stadio dei Marmi ad incorniciare magnificamente il complesso. Con i suoi 139 metri d’altezza lo avvolge senza ridurne la mole. Smorza il candore del bianco marmo di Carrara con il blu del cielo ed il verde dei pini.

Stadio dei Marmi: romana grandezza

statue stadio dei marmi giocatore di palloneProgettato dall’architetto Enrico Del Debbio (Carrara 1891 – Roma 1973), il Foro Mussolini e lo Stadio dei Marmi non erano semplicemente una pur suntuosa struttura sportiva. Erano un manifesto politico, un pronunciamento culturale.

L’architetto Del Debbio interpretò questi messaggi ispirandosi alla Roma ed alla Grecia antiche. Ne nacque l’opera che ancora oggi vediamo. Uno stadio pensato per la corsa (non per il calcio) costruito secondo i canoni classici.

Interamente in marmo bianco di Carrara, lo Stadio dei Marmi trae dal candore di quest’ultimo ulteriore severa eleganza.

I quattro bronzi di Aroldo Bellini

stadio dei marmi statua lottatori aroldo belliniPrima di parlare dei marmi, ammiriamo i bronzi. Infatti, alle sessante statue di marmo di Carrara si aggiunsero quattro splendide statue di bronzo. Degne di uno stadio della Grecia Antica, sono opera di Aroldo Bellini.

Due sono poste ai lati della tribuna d’onore. Si tratta di due coppie d’atleti impegnati nella Lotta Libera e nella Lotta GrecoRomana.

Altre due sono poste in due nicchioni alla base della rampa d’accesso alla pista dello stadio. Rappresentano un atleta con il giavellotto ed un giovane arciere.

Le Statue dello Stadio dei Marmi

Torniamo ai marmi. Sessanta colossi di marmo bianco sono disposti a corona intorno allo stadio: richiamano alla mente i possenti colossi dell’antichità. Rappresentano ciascuno un’atleta e ciascuno doveva essere donato da una provincia. Tant’è che sulla base di ogni scultura trovate riportato il nome di quest’ultima.

Ovviamente, le statue dovevano rispecchiare il messaggio politico e culturale di cui si è detto. Dovevano anche dialogare proficuamente con l’architettura dello stadio e dunque avere caratteri omogenei.

I sessanta colossi e la scultura italiana degli anni ‘30

Bisogna dire che la realizzazione delle sessanta statue fu un banco di prova e un’opportunità di lavoro per un numero importante di scultori italiani.stadio dei marmi statua arciere ravenna

Fu anche una vicenda che, pur brevemente, merita di essere raccontata. A fine 1930 venne bandito un concorso nazionale. Ogni partecipante avrebbe dovuto presentare un bozzetto in gesso di due metri d’altezza. Ne arrivarono 127 da 92 provincie. La giuria riuscì però ad individuare solo due bozzetti utili. In pratica, non si riscontrò la necessaria coerenza estetica (chiamiamola così) tra i bozzetti e la struttura architettonica dello stadio. A passare la selezione furono solo Ercole Drei e Aldo Buttini mentre ad un altro gruppo di artisti venne chiesto di presentare nuovi bozzetti. Tra questi ultimi, vennero poi selezionati Oddo Aliventi, Aroldo Bellini, Tommaso Bertolino, Romeo Gregori e Enrico Martini.

Ma il tempo stringeva e ci voleva un’idea. Così si decise di procedere a conferire incarichi ad artisti “noti e indiscussi”. Ad effettuare la loro selezione furono congiuntamente il Sindacato Nazionale degli Artisti e l’Opera Nazionale Balilla che era il committente del Foro Italico.

Statue dello Stadio dei Marmi: gli autori

Fu così che si giunse a definire un gruppo limitato di artisti per la realizzazione delle statue, soluzione che probabilmente avrebbe aiutato l’omogeneità finale delle opere.

Ad essere selezionati furono così i seguenti scultori, alcuni dei quali realizzarono più di una statua (vedi numero tra parentesi): Oddo Aliventi, Libero Andreotti, Eugenio Baroni (4), Aroldo Bellini (13), Antonio Berti, Tommaso Bertolino (4), Angelo Biancini, Aldo Buttini (7), Silvio Canevari (4), Nino Cloza, Nicola D’Antino (2), Carlo De Veroli (8), Ercole Drei, Romeo Gregori, Enrico Martini, Francesco Messina (2), Publio Morbiducci, Bernardo Morescalchi (2), Attilio Selva (4), Omero Taddeini.

Le statue di Attilio Selva: il prototipo?

roma foro mussolini stadio dei marni statue scalatore aostaIl triestino Attilio Selva (1888-1970) realizzò quattro statue: lanciatore di giavellotto (Messina), pugilatore (Rieti), Discobolo (Siena), Fromboliere (Alessandria).

Queste opere furono portate a Roma tra il 1929 ed il 1930, cioè prima che fosse indetto il concorso. Inoltre tre di esse furono le uniche ad essere realizzate presso la Scuola del Marmo dell’Accademia di Carrara mentre tutte le altre vennero assegnate ai vari laboratori privati che operavano in questa città ed i cui artigiani provenivano dalla citata Scuola del Marmo. Dunque, un ulteriore tentativo di ottenere omogeneità tra le opere.

Infine, le statue di Attilio Selva furono le quattro ad essere posizionate ai lati della tribuna delle autorità, dunque erano le più in vista. Forse, in qualche modo, furono i prototipi che Enrico Del Debbio aveva in mente tanto più che lui e Selva si conoscevano da diversi lustri ed avevano già lavorato insieme.

Stadio dei Marmi: laboratorio per una scultura fascista?

L’omogeneità dell’opera sembra dunque essere stata una preoccupazione effettiva per l’architetto Del Debbio. Si trattava solo di un problema architettonico o lo Stadio dei Marmi doveva fungere da laboratorio perroma foro italico stadio dei marmi statua pugilatore ascoli piceno un progetto più ampio?

Scrive in proposito lo storico dell’arte Massimo De Sabbatta: “…non è senza significato che uno dei primi a sottolineare lo schietto carattere fascista (si legga ‘italiano’) delle sculture dello Stadio fosse Antonio Maraini, impegnato da anni a sostenere l’idea di arte nazionale entro gli spazi della Biennale di Venezia, di cui era segretario dal 1927. Ben due sculture del Foro Mussolini (Pugilatore di Selva e La Caccia di Baroni) illustravano la prima pagina dell’articolo in cui Maraini, alla fine del 1933, da poco più di un anno anche commissario nazionale del sindacato (degli Artisti), cercava di delineare i caratteri di un’arte fascista che doveva esprimere il proprio tempo senza rinnegare la tradizione: era in luoghi come il Foro Mussolini, la Casa Madre dei Mutilati, il Palazzo delle Corporazioni, per rimanere a Roma, che si stava formando questa nuova arte, fuori dagli studi degli artisti e ‘in connessione’ con l’architettura”.

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Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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