Triclinio Leoniano o Triclinio Leonino è il termine con cui si indica oggi il grande mosaico che si vede a Piazza San Giovanni in quel che resta di un’abside. Quest’ultima è inglobata nel palazzo che racchiude la Scala Santa. Si tratta di una storia assolutamente particolare. Vediamola insieme.
Infatti, la nicchia che ospita il mosaico – detta a Roma il Nicchione del Laterano – è la ricostruzione di quanto restava nel XVIII secolo del Triclinium Leoninum. Il Triclinio Leoniano era una delle due grandi sale di rappresentanza fatte costruire da Papa Leone III (il pontefice che incoronò Carlo Magno) nell’ambito del palazzo papale del Laterano, il cosiddetto Patriarchium.
E’ bene chiarire che il Patriarchium non ha nulla a che fare con l’attuale palazzo, costruito nel ‘500, ma era una costruzione assai più antica. Iniziata nel IV secolo con l’imperatore Costantino, era stata oggetto di successivi ampliamenti raggiungendo le dimensioni di una cittadella.
Patriarchio e Triclinio Leoniano
A tal proposito, dice Elena Onori nel suo libro “La Scala Santa”: “Nel periodo carolingio i pontefici continuarono a promuovere importanti lavori in Laterano. Leone III (795-816) donò all’oratorio di San Lorenzo l’arca cypressina per proteggere le venerate reliquie della cappella; fece anche costruire due triclini: uno nella zona sud-est del Patriarchio, a sinistra della scala di accesso principale, e l’altro nella zona occidentale del palazzo, identificato successivamente come Aula Concilii. Il primo triclinio sopravvisse come rudere isolato fino al XVIII secolo, quando Ferdinando Fuga, per volere di Benedetto XIV nel 1743, lo spostò sul fianco meridionale del Santuario della Scala Santa inglobandolo in una ricostruzione parziale in stile neoclassico. Nella sua forma originaria, il triclinio era costituito da tre grandi esedre e decorato con colonne di porfido, marmi alle pareti, pitture e mosaici nelle absidi.
In cattivo stato di conservazione già al tempo di Sisto V, l’esedra principale fu però preservata in virtù dell’importante valore ideologico e politico del mosaico che la decorava, poiché legittimava il potere temporale e spirituale della Chiesa.
Oggi il mosaico si presente nel suo rifacimento settecentesco: al centro dell’abside il Cristo benedicente circondato dagli Apostoli, con un libro aperto su cui è scritto pax vobis. Nell’estradosso dell’arcone, a sinistra, si trova Cristo in trono che dona le chiavi a papa Silvestro e il labaro, insegna del potere imperiale, a Costantino; a destra, invece, San Pietro in trono porge il pallio a Leone III e il vessillo a Carlo Magno”.
La Sala del Concilio di Leone III
Sebbene si tratti di un mosaico sul quale certamente furono effettuati importanti interventi di restauro, apprezziamo ancora a pieno il suo impianto e la ricchezza della realizzazione. L’Europa, grazie al potere carolingio, andava acquistando una stabilità politica da tempo persa. Così Roma e il papato trovavano nuovo vigore e avviavano significative imprese architettoniche ed artistiche.
Il Patriarchium era così in grado di rivaleggiare con i palazzi imperiali. Scrive in proposito la storica dell’arte Giulia Grassi in relazione al secondo triclinio leoniano (non quello da cui origina il nostro mosaico): “Il secondo, che più tardi è stato chiamato Sala del Concilio, è stato abbattuto dal Fontana ma le informazioni che abbiamo permettono una sua ricostruzione. Era una sala enorme (m 68 x 15,37), con cinque nicchie su ognuno dei lati lunghi e un nicchione sul lato di fondo. Nelle nicchie erano collocati letti semicircolari (accubita) perché all’epoca nei pranzi ufficiali si mangiava sdraiati, come nell’antica Roma; così il triclininio era detto ‘accubitaneo’.
Era sfarzoso: soffitto in legno, pavimento in marmi policromi, al centro una fontana con una conca di porfido (in medio concam porphireticam aquam fundentem), affreschi nelle dieci nicchie laterali e mosaici su quella di fondo.
Gli storici pensano che questa imponente sala si ispirasse al Triclinio dei XIX letti nel palazzo imperiale di Dafne, a Costantinopoli. Poiché sempre Leone III aveva costruito nel palazzo anche un grande portico detto macrona, che nel nome ricorda una analoga struttura presente nel Magno Palazzo sempre a Costantinopoli, appare chiara la volontà di rendere la residenza del Laterano sontuosa e imponente come un vero palazzo imperiale”.
Il Mosaico di Piazza San Giovanni
Tornando al nostro mosaico, non possiamo non rilevare le significative dimensioni dell’opera e la qualità della realizzazione. Interessante osservare come i personaggi siano ritratti negli abiti del loro tempo. Nella semicupola, infatti, gli apostoli, disposti ai lati di Cristo, indossano come quest’ultimo toghe di foggia romana. Al collo portano la stola, simbolo del ruolo sacerdotale.
Curioso il particolare del numero degli Apostoli. Provate a contarli: sono undici e non dodici (cinque a sinistra, sei a destra). Cosa sarà successo? In tempi remoti ne sarà andato perso uno mai reintegrato? Sarà stato eliminato Giuda?
Nell’estradosso, sia Leone III che Carlo Magno indossano gli abiti della loro epoca (che era anche quella in cui fu realizzato il mosaico). Curiosamente, anche San Pietro e Costantino (a sinistra degli apostoli) utilizzano lo stesso abbigliamento. Essi, invece, avrebbero dovuto indossare un abbigliamento di foggia romana.
Non si può non apprezzare la raffinata ghirlanda di fiori e foglie che orna il perimetro della semicupola. La ghirlanda, a sua volta, è guarnita ai due lati da un motivo con pietre preziose e perle. Nella parte superiore dell’abside, il motivo dei pesci rimanda alla figura di Cristo.
L’iscrizione che corre intorno al perimetro dell’abside, riporta il ben noto verso del Gloria in Excelsis Deo. Ovvero: Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà.
Se sei interessato a sapere quali siano gli antichi mosaici cristiani di Roma ancora superstiti, leggi I Mosaici Cristiani di Roma: dieci secoli di storia
A pochi passi dal Triclinio Leonino puoi ammirare i Mosaici dell’Oratorio di San Venenzio nel Battistero Lateranense
3 Comments