I Vangeli di Ebbone furono realizzati tra l’816 e l’822 presso l’abbazia di Hautvillers (fondata nel 650 da San Nivardo) per volere dell’arcivescovo di Reims Ebbone (775-851).
Siamo dunque nel nord est della Francia e, giova saperlo, in quella che poi sarebbe divenuta l’area di produzione dello champagne. Oggi, il codice miniato di cui stiamo discutendo si trova (infatti) nella biblioteca di Epernay (luogo caro agli amanti delle bollicine). Per dirla tutta, l’abbazia di Hautvillers ospitò nel XVII secolo anche padre Pierre Perignon (passato alla storia come … Dom Perignon) che si vuole sia stato l’inventore dello champagne.
Ebbone e i Carolingi
Ma torniamo ai Vangeli di Ebbone. Merita di dire che Ebbone era assai vicino alla dinastia carolingia. Infatti era figlio di un domestico e della nutrice di Ludovico il Pio (778-840). Quest’ultimo era figlio di Carlo Magno (742-814) e imperatore dalla morte del padre nell’814 fino all’840.
Ebbone, fu nominato arcivescovo di Reims da Ludovico il Pio al momento della sua ascesa al trono. Siamo dunque a buon diritto nel cuore della corte imperiale e nel centro di produzione della miniatura carolingia in quella fase della dinastia.
Vangeli di Ebbone
I Vangeli di Ebbone, 178 fogli di formato 260×208 mm, devono in realtà la loro meritata fama principalmente a quattro fogli. Sono le quattro rappresentazioni, quasi a piena pagina, degli Evangelisti.
San Matteo, di fronte ad un leggio, è intento a scrivere il suo Vangelo. Nella mano destra tiene un corno (che funge da calamaio) e dietro di lui su una collina si vedono antichi templi. Nell’angolo di destra il suo simbolo ovvero un angelo. Il santo è seduto su un cuscino rosso di foggia orientale (quali quelli dei troni sui quali siedono la Vergine o Gesù nelle immagini di ambito bizantino). La base del suo leggio è disegnata in maniera tale da creare un effetto di prospettiva grazie al prolungamento della base verso lo spettatore.
In realtà, è l’unico dei quattro Evangelisti intento a scrivere. Gli atri sembrano infatti alla ricerca della loro ispirazione.
San Marco, intinge la penna d’oca nel calamaio mentre con lo sguardo cerca il suo leone posto in alto alla sua sinistra. San Luca guarda anch’egli il suo simbolo, il toro, in cerca di ispirazione. Ha un libro sulle ginocchia ed un altro aperto (curiosamente) verso lo spettatore sul leggio. E’ assiso su un sedile il cui bracciolo termina nella testa di un leone e il suo poggiapiedi è anch’esso pensato per creare profondità.
San Giovanni tiene con la sinistra un lungo papiro che gli si srotola sulle ginocchia e vorrebbe scrivere qualcosa. In realtà guarda la sua aquila… in attesa che gli detti qualcosa…
Uno stile… sui generis
I Vangeli di Ebbone dimostrano in modo inequivocabile quanto l’arte dell’alto medioevo sia difficilmente incasellabile. Assai diverse dalle miniature antropomorfe del Sacramentario di Gelone, realizzato circa trent’anni prima, i ritratti dei quattro evangelisti sono vicini alla capacità dell’arte antica di indagare i moti dell’animo di chi sia ritratto. Molto originale è poi anche la resa delle toghe degli evangelisti, assolutamente elettriche.
Le figurine che popolano gli indici dei Vangeli rappresentano altrettanti momenti di vita quotidiana. Le iniziali della prima pagina sono ornate con i tipici motivi a volute carolingi.
Per approfondire i codici miniati bizantini leggi invece Il Salterio di Parigi
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