La Fontana dei Cavalli Marini è uno dei landmark di Villa Borghese. Certamente non il più famoso ma, sia per la sua posizione a ridosso di Piazza di Siena che per essere al centro di uno dei viali più frequentati, è ben noto ai romani e oggetto di attenzione da parte dei turisti.
Villa Borghese: la Fontana dei Cavalli Marini
Posto al centro di una prima vasca circolare scavata nel terreno, un gruppo di quattro cavalli marini sembra sorreggere con le teste e con le code una seconda vasca, più piccola.
Al centro di quest’ultima, una colonna costituita da foglie d’acanto costituisce il getto d’acqua principale. Sempre di foglie d’acanto è ornato il bordo della vasca superiore ed il sostegno della stessa. Quest’ultimo è posto al centro tra le code dei cavalli.
Altri getti d’acqua sono posti tra le zampe di ciascun cavallo e, più internamente, tra le code degli stessi.
La fontana è quasi ottocentesca. Infatti, venne realizzata tra il 1790 ed il 1791. A volerla fu Marcantonio IV Borghese (1730-1809) il quale, nel 1766 avviò un’ampia risistemazione della Villa. Nello specifico, per quest’opera venne chiamata una pluralità di artisti che ne curarono parti diverse.
Cristoforo Unterperger e Vincenzo Pacetti
I due principali punti di riferimento furono il pittore Cristoforo Unterperger, che la progettò, e lo scultore Vincenzo Pacetti che ne curò la realizzazione. Si racconta che l’ispirazione del tema dei cavalli marini provenisse da un cammeo antico che lo stesso Marcantonio Borghese avrebbe donato a Pacetti.
Come detto, la progettazione della Fontana dei Cavalli Marini si deve a Cristoforo Unterperger (1732-1798). Nativo di Cavalese ma stabilitosi poi a Roma del 1759. La considerazione che ne aveva Papa Pio VI Braschi fece si che Unterperger lavorasse tanto in Vaticano quanto per l’aristocrazia romana compresi i Borghese.
Vincenzo Pacetti (1746-1820) era invece il restauratore e scultore di fiducia di Marcantonio. Merita dire come Pacetti fosse capace di fondere le sue due attività così da realizzare sculture partendo da originali antichi. Egli, infatti, le restaurava ed integrava delle parti mancanti scolpendole lui stesso. Un esempio è il gruppo scultoreo detto Il Dioniso di Hope oggi al Metropolitan Museum di New York.
Alla fontana lavorarono poi Luigi Salimei che realizzò le teste ed il tronco dei cavalli. Ad Antonio Isopi (1758-1833) spettano invece le loro ali, le code ed il sostegno centrale. Isopi, fu anch’egli, oltre che scultore, anche grande restauratore trasferendosi poi a metà degli anni ’90 del ‘700 in Germania alla corte dei re di Württemberg.
La vasca, infine, venne realizzata da Giovanni Antonio Bertè.
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