vitale da bologna san giorgio e il drago
Storia dell'arte

Vitale da Bologna San Giorgio e il Drago: dinamismo trecentesco

Vitale da Bologna e il suo San Giorgio e il Drago sono un’evidenza incontrovertibile di quanto sia improbabile poter rinchiudere l’evoluzione dell’arte in confini e periodi meccanicisticamente precisi.

A colpire, infatti, è la straordinaria dinamicità di questa rappresentazione certamente non comune in quei decenni.

Vitale da Bologna: la vita

Brevissimamente, la nascita di Vitale da Bologna, o Vitale di Aymo degli Equi, può essere collocata all’inizio del XIV secolo. Di lui abbiamo notizie documentali tra il 1330 ed il 1359. Bologna fu anche la città in cui sviluppò quasi tutta la sua attività artistica. Infatti, al di fuori di essa, ci rimangono testimonianze della sua opera solo a Pomposa e ad Udine.

Nondimeno, va considerato come la Bologna dei tempi di Vitale fosse una città cosmopolita anche perché sede di quella che è considerata la più antica università d’Europa la cui nascita si fa risalire al 1088. La città, baricentrica per chi attraversasse l’Italia, si aprì alle grandi correnti artistiche di quegli anni. Lo stesso Giotto vi operò intorno al 1330.

Vitale da Bologna San Giorgio e il Drago: l’opera

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Vitale da Bologna – San Giorgio e il Drago

L’opera – custodita presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna – è una tempera su tavola di 86×70,5 cm. In realtà la mancanza nei due lati orizzontali del medesimo decoro presente sui lati verticali potrebbe far pensare che la tavola sia stata ridimensionata.

Nella figura di San Giorgio spicca la feroce determinazione nell’uccidere il drago. Nel far sì che il bene trionfi sul male e la chiesa vinca il peccato. Il cavaliere si proietta quasi oltre il suo cavallo per affondare la lancia nella gola del drago mentre cerca un precario equilibrio con la gamba destra tanto che il piede fa forza sulla groppa del destriero.

Proprio sulla groppa troviamo la firma di Vitale. Infatti il monogramma che vi appare è costruito con le lettere del nome Vitalis. Anche il fatto che la firma appaia sul cavallo potrebbe essere un ulteriore rimando all’identità del maestro. Infatti il termine latino per cavallo è “equus” e questo rimanderebbe al cognome di Vitale, ovvero degli Equi.

Tra diagonali e punzonature

Nel San Giorgio e il drago di Vitale da Bologna possiamo ricostruire una interessante costruzione di linee. Infatti, nella plasticissima azione, Vitale da Bologna costruisce una prima diagonale rappresentata dalla lunga lancia. Una seconda è generata dalle braccia di San Giorgio e dalle redini del cavallo parallele alle prime. Così vi è come un imbuto che guida l’occhio dello spettatore verso la testa del mostro. Proprio qui va a posarsi anche lo sguardo della principessa raffigurata nell’estrema destra della tavola.

Il cavallo con la testa e lo sguardo girati nel senso opposto al drago rafforzano ulteriormente il dinamismo della figura del santo il cui mantello rosso si solleva verso l’alto.

Sebbene la rappresentazione sia sostanzialmente costruita su un solo piano (tranne le zampe del cavallo trattate in chiaroscuro e le pieghe del mantello), troviamo resti di punzonature nelle parti in oro che aiutano a creare l’effetto della profondità.

Il San Giorgio e il Drago di Vitale da Bologna non può non colpire chi lo veda e indurre a riflettere. La rappresentazione leva il fiato, sorprende, costringe a riflettere sulla grande distanza che intercorre tra questa immagine e la compostezza del movimento tipico delle figure sacre di quel periodo.

Sebbene Vitale sia in generale un artista di grande vivacità, come testimoniano le sue Storie di Sant’Antonio Abate, questa tavola va al di là di tali caratteristiche per rappresentare piuttosto un unicum.

 

 

Fabrizio Sciarretta

Laureato in Economia alla LUISS e Master in Business Administration della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, Fabrizio Sciarretta ha dedicato i primi anni della sua attività professionale al giornalismo economico. Rientrato dagli Stati Uniti, ha operato per circa un ventennio nella consulenza di organizzazione e direzione aziendale, ricoprendo incarichi di top management in Italia per due multinazionali americane del settore. Ha poi scelto la strada dell’impresa e da alcuni anni è impegnato come imprenditore nel settore della sanità. E’ stato membro dell'esecutivo di ANISAP Lazio e consigliere d’amministrazione di reti e raggruppamenti d’imprese. Lion da sempre, è stato presidente fondatore del Lions Club Roma Quirinale. Nel 2008 ha abbandonato la Capitale in favore della Sabina, e non se ne è pentito affatto.

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